di Anna Maria Solari

Pier Giulio Bonifacio - Nothing to declare N. 4


Successo alla Palazzina delle Arti di La Spezia per la mostra dell'artista genovese (opere 1970-2010) promossa da Istituzione per i Servizi Culturali della Città


Pubblicato su InGenova e Liguria Magazine

Memori di una dichiarazione di anni fa da parte del noto gallerista genovese Paolo Minetti, che l'amico Pier Giulio Bonifacio mi riferisce oggi ("Vedi, gli artisti sono come dei maratoneti. Ci sono alcuni che arrivano al traguardo ed altri che perdono il fiato ed abbandonano"), cogliamo l'attimo per meditarla pienamente.
Una massima che Ia dice lunga sul particolare dell'espressione artistica in genere, l'inevitabilità che sovente alcuni di loro si smarriscano per via, ovvero perdano il fiato limitandosi poi a replicare, nel migliore dei casi, sè stessi. E tutto ciò non farebbe che annullare un'enorme, possibile testimonianza di opere rappresentative della nostra epoca, lasciando ben poca memoria del nostro tempo.

Non è quindi un caso che Pier Giulio Bonifacio, nell'arco di tanti anni di attività e di ricerca - rappresentata da un percorso di quarant'anni - abbia concentrato ed esposto nella Palazzina delle Arti a La Spezia una Mostra così significativa, prodotta e promossa da Istituzione per i Servizi Culturali della Città.

La mostra, a cura di Marzia Ratti ed Eleonora Acerbi (che insieme firmano anche il catalogo della raccolta) è stata un'eloquente conferma della continua innovazione che scaturisce soltanto nelle menti capaci di attingere con lavoro, metodo, studio e costante applicazione alla fonte del "pensiero fortemente ispirato". Citando le puntuali parole dell'architett Luca Mazzari: "Pier Giulio si dimostra così infaticabile nell'aggiungere, togliere, spostare, dilatare, ritmare, fino a quando non raggiunge l'equilibrio tra lo spazio pensato e quello rappresentato, fino a quando il suo progetto non soddisfa il suo innato senso della proporzione e della misura e lenisce quelle inquietudini che l'arte come necessità fisica e mentale gli provoca, per poi ricominciare infaticabile nuovi disegni, collage, pitture, progetti".

Lo stesso Pier Giulio si racconta: "Ero, sono così astratto anche per sofferta e volutamente insignificante profondità; si può ritenere che io sia uno dei pochi artisti per i quali non abbiano senso le parole fondamentali di Dora Vallier da L'arte astratta: 'la soggettività ci inquieta, l'oggettività ci rassicura'. Abbiamo quindi bisogno di credere ad una realtà oggettiva, di vedercela di fronte. Inconsciamente, nel nostro spirito, l'arte ha per corollario la realtà così come l'ha vista il Rinascimento, come se fosse stata fissata una volta per tutte.

La Spezia, città da sempre ipegnata e presente nella cultura della nostra Regione, continua a rinnovare ancora oggi, con eventi che lasciano un "segno profondo". La mostra rinnova il rafforzamento di una forte appartenenza all'arte, unica linfa per riconoscere e perseguire una sana abitudine alle emozioni.

Pier Giulio Bonifacio è nato a Genova nel 1930
Studia architettura ai Politecnici di Milano e di Torino.
Segue corsi di scenografia a Torino con relative esperienze a Roma, a Cinecittà
Inizia a esporre nel 1953 a Torino e Milano
Frequentazioni con artisti del MAC (Movimento Arte Concreta). Opera anche ad Albisola dove incontra Fontana, Jorn, Luzzati, ecc.
Negli anni '60 studia analiticamente l'Astrattismo storico e il Minimalismo anglosassone che, con l'esperienza degli studi di architettura, costituiranno da allora in poi i riferimenti di base del suo lavoro, cioè senso specificamente strutturale come progettualità in pittura.
Dagli anni '80 prosegue il suo lavoro di pittura e di grafica sempre più frequentemente all'estero, in particolare in area di cultura tedesca, eseguendo anche murali e progetti di varia natura.
Negli anni seguenti, in particolare dal 2005, si evidenzia un acuito intento di nuova ricerca come approfondimento dello studio del segno che, seppure con diverse modalità ma nello stesso ambito delle ricerche citate, lo conduce ad una diversa interpretazione del linguaggio grafico come espressione più movimentata e meno rigorosamente progettuale.